L’Italia arranca in tema di istruzione e ciò frena enormente la crescita del Paese. Il ritardo italiano è stato fotografato dall’ultimo rapporto OECD (l’organizzazione nota in Italia come OCSE), intitolato “Education at a glance”, ma in questi giorni èBoston Consulting Group (BCG) a lanciare l’allarme.
Il report annuale dell’OCSE inchioda l’Italia a uno storico divario: solo il 18,7% degli italiani è laureato, contro il 33% degli altri Paesi, l’Italia è fanalino di coda in Europa. Con 27 giovani nella fascia d’età di 25/34 anni su cento in possesso di laurea (erano 19 su 100 nel 2007, dieci anni prima), contro una media OCSE del 44%, l’Italia è penultima, superata in questa poco invidiabile classifica soltanto dal Messico, anche perché lavora la percentuale di laureati tra le più basse al mondo, quota che langue all’81%. Significa che in Italia la laurea offre meno lavoro di un’istruzione tecnica. La discriminante è l’avere almeno un genitore laureato: l’accesso all’Università sembra un fatto ereditario, l’opposto dell’ascensore sociale. Anche la media Ocse di chi studia e si aggiorna anche in età adulta è il doppio di quella italiana (al 25%).
L’Italia spende il 28% (spesa in dollari) in media in meno degli altri Paesi OCSE per l’istruzione: l’Italia investe il 50.2% del PIL in Education contro il 57.1% della Finlandia, per esempio. Inoltre, i cosiddetti Neet in Italia sono il doppio della media Ocse (30% fra i 20-24enni contro il 16%) e il divario fra Nord e Sud è desolante.
In questo scenario, Boston Consulting Group (BCG) ci ricorda che la scuola trasforma la ricchezza in benessere, ma l’Italia è in forte ritardo, superata da Paesi come Brunei, Qatar, Corea del Sud, Slovenia e Spagna. Il declino del benessere in Italia (rispetto al PIL 100 del 2008, l’Italia si ferma a 90 dopo 120 mesi, contro il 96 della Spagna) è prodotto dal ritardo italiano proprio nel settore dell’istruzione, un fattore che incide pericolosamente sulla crescita: solo una buona formazione genera buona occupazione e redditi adeguati, in grado di incrementare la crescita del sistema, favorendo la parità di genere e rendendo il sistema più resistente agli choc economico-finanziari.
L’Italia deve accelerare sul fronte dell’Education, perché il crollo dell’indice da 77,8 punti nel 2009 a 69,6 punti nel 2017 (fonte Bcg) ha prodotto un calo dell’occupazione da 55,2 a 44,5 punti (e partivamo già da un livello basso e svantaggiato).
Che fare? L’Italia potrebbe provare a copiare la Finlandia, il sistema scolastico migliore al mondo, in grado di battere le disuguaglianze (mentre in Italia raggiunge la laurea solo un figlio su 10 con genitori con la terza media contro l’87% di quelli con un genitore laureato).
Solo rafforzando e riformando il sistema scolastico italiano è possibile irrobustire la crescita italiana, soprattutto nell’economia digitale dove il tema delle competenze rappresenta una priorità.