La Guerra Fredda fra USA e Cina in salsa hi-tech

Ritorna la guerra fredda. In versione hi-tech, una durissima contrapposizione fra le due potenze mondiali (Usa e Cina), iniziata coi dazi e proseguita ora con le accuse di spionaggio. Fa tenerezza ricordare l’acquisizione di Ibm da parte di Lenovo nel lontano 2004: allora gli americani si irritavano all’idea di veder sventolare la bandiera rossa cinese sul quartier generale di Armonk, oggi Washington alza il tiro ed invia informative a Italia, Germania e Giappone, per mettere gli alleati in guardia dal rischio cyber-spionaggio legato alla diffusione dei dispositivi con marchio Huawei e Zte. Il motivo è semplice: i top manager dei due vendor cinesi del mercato smartphone sarebbero legati al Partito (unico) comunista cinese, dunque nessuno può mettere le mani sul fuoco sulla sicurezza/privacy dei terminali in questione. Ormai è rivalità aperta: gli USA accusano la Cina di spiare gli occidentali attraverso i dispositivi targati Huawei e invitano al boicottaggio, mentre Pechino continua ad aumentare l’export (anche verso gli USA) e macina quote di mercato, attraverso le sue aziende più abili ed aggressive, soprattutto nel mercato Pc e smartphone, dove si fronteggiano i fiori all’occhiello della Silicon Valley.

La Guerra Fredda fra USA e Cina in salsa hi-tech: gli USA invitano Italia, Germania e Giappone a boicottare i prodotti Huawei (in foto: Huawei P20 Pro)
La Guerra Fredda fra USA e Cina in salsa hi-tech: gli USA invitano Italia, Germania e Giappone a boicottare i prodotti Huawei (in foto: Huawei P20 Pro)

Riavvolgiamo il nastro del memoria indietro all’ultimo squarcio del 2004. Da allora il mercato Pc è completamente cambiato: ha conosciuto sei anni di declino, e a luglio, per il primo trimestre dal 2012, è tornato a crescere, con Lenovo prima della classe, che ha registrato la più elevata percentuale di incremento dal primo trimestre del 2015, facendo leva sulla joint venture con Fujitsu, siglata nel novembre 2017. Nel terzo trimestre (preliminari di ottobre 2018) Apple spicca fra le aziende che ha messo a segno i risultati più deludenti: i potenziali clienti sono in attesa dei nuovi modelli, presentati da poco, ma è innegabile che il mercato Pc ha registrato crescita zero.

E nel mercato smartphone, a fine luglio, Huawei ha messo a segno un sorpasso storico sulla rivale Apple: il vendor cinese ha conquistato la seconda posizione, alle spalle di Samsung, piazzandosi al secondo posto tra i più grandi produttori mondiali di smartphone per volumi di vendita. In Italia, Huawei svetta ormai al primo posto, trainata dal marchio Honor e dai top di gamma della serie P20, ma scommette sul Mate20 per allungare il passo.

L’allarme di Washington è giunto nel giorno del Black Friday, quando inizia la corsa delle vendite natalizie (oggi è cyber-monday, nelle prossime ore leggeremo i dati). Di recente IDC ha pubblicato i dati del mercato smartphone nel terzo trimestre 2018: abbiamo visto il crollo di Samsung, la saturazione del mercato cinese, le difficoltà di Apple impegnata a fronteggiare l’ascesa di un altro rampante brand cinese, Xiaomi, mentre continua l’imperturbabile cavalcata dei marchi dell’ex Celeste Impero. Nella top 5 Huawei mette a segno un impressionante +32,9%, che bypassa la scarsa presenza negli USA, forte dei quasi 13 milioni in più rispetto all’anno scorso, fino a consegnare 52,1 milioni di smartphone. Apple si aggiudica il terzo posto con 46,9 milioni di unità (+0,5%): il gigante a stelle e strisce ha anche annunciato che non fornirà più i numeri delle consegne di iPhone, considerando questi dati irrilevanti. Ma anche questo cambiamento di filosofia è segno dei tempi.

Al primo posto assistiamo al crollo di Samsung, in caduta verticale da 83,3 a 72,2 milioni di unità. Al quarto si conferma la cinese Xiaomi (+21,2%), grazie ai 34,2 milioni di pezzi, mentre la cinese Oppo, in lieve calo (-2,1%), chiude la cinquina dei vendor del mercato smartphone.

Ora la sfida è tutta nelle mani di Huawei ed Apple: chi vincerà la sfida natalizia fra P20/Mate 20 in casa del vendor cinese e i nuovi iPhone targati Apple? La guerra fredda, inaugurata da Washington con l’invito a boicottare i brand cinesi, avrà qualche impatto sul mercato smartphone o sul mercato Pc?

America First è consapevole del ruolo che la Cina ha saputo ritagliarsi negli ultimi dieci anni, grazie a una concorrenza spietata. Anche se gli USA dominano lo scacchiere internazionale, la Cina, nell’ultimo decennio, si è guadagnata un’importanza crescente sullo scenario globale. La marcia del Paese guidato da Xi Jinping suscita però allarme, anche se non preoccupa di meno il derby fra USA e Cina, che potrebbe perfino innescare una ipotetica recessione.

Che impatto avrà l’invito di Washington a boicottare Huawei e Zte? Lo vedremo a breve, nelle consegne dei dispositivi nel corso della stagione natalizia. Di una cosa siamo certi: Apple, sotto la guida del Ceo Tim Cook, si è battuta come un leone per difendere la crittografia su iPhone e la privacy dei propri utenti, impedendo all’FBI americana di mettere le mani sui dati riservati e sensibili degli utenti. Farebbero altrettanto Huawei e ZTE, se le autorità cinesi volessero guardare dal buco della serratura dei device venduti in Occidente? Ne dubitiamo: la contiguità fra i rapporti dei top manager cinesi e le autorità di Pechino è sotto ai nostri occhi.

E l’accusa di cyber-spionaggio non è nuova: poche settimane fa, Bloomberg ha lanciato un’accusa pesante nei confronti della Cina, accusata di aver messo chip – piccoli quanto una punta di matita – in grado di spiare nei server di Amazon e Apple (in tutto una trentina di aziende americane) , anche se il numero uno del colosso di Cupertino ha smentito categoricamente.

L’unica cosa certa è che: spiare è possibile; e spira aria gelida di Guerra Fredda fra Usa e Cina. E, mentre i guru si chiedono se si va verso una recessione, dopo l’ottobre nero del Nasdaq, tutto fa brodo, per rinsaldare i “legami occidentali” contro il comune rivale cinese. In fondo la California ha il PIL della Francia: vendere più Pc Hp e Dell, più smartphone Apple e più dispositivi Cisco è strategico per l’amministrazione Trump. E, nella Guerra Fredda, gli USA hanno sempre fatto ottimi affari: del resto, la sfida del 5G è dietro l’angolo, e la tecnologia della connettività di quinta generazione – sulla rampa di lancio, nei test di Ericsson e Nokia (pronti a sfidare Huawei) – varrà il 5% del PIL mondiale dal 2022. Ora tocca alle Tlc schierarsi: sapranno rinunciare ai prezzi low-cost ed alle lusinghe dei vendor cinesi, ignorando l’allarme USA? Al mercato l’ardua sentenza. Intanto, Google prepara la versione “autocensurata” del suo motore di ricerca, per rientrare dalla porta principale della Grande Muraglia: perché nessuna Big IT è finora riuscita a fare a meno del più grande mercato al mondo. Perfino Tim Cook, che negli USA non ha ceduto alle richieste dell’FBI, si è inchinato a quelle cinesi, trasferendo i 130 milioni di utenti di iCloud del Paese sotto il controllo di Pechino, dopo aver eliminato dall’App store cinese tutte le app con una VPN.

Huawei può forse fare a meno degli USA (dove ha scarsa presenza), ma Apple non può rinunciare alla Cina. Neanche Dolce & Gabbana, la coppia di stilisti reduce da una terribile gaffe che è costata al marchio D&G la messa al bando da un’importante sfilata a Shangai e soprattutto l’addio (temporaneo?) all’e-commerce cinese: hanno chiesto scusa con un (imbarazzante) video, pur di non rischiare di perdere 1,4 miliardi di dollari di giro d’affari complessivo (terzisti compresi) nel Paese. Nessuno può sbattere le porte ai cinesi, come insegna il caso Google.

Il derby fra USA e Cina continua, adesso con la guerra fredda in versione hi-tech.

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