La grande fuga da Huawei è iniziata. Dopo Google, è stata una reazione a catena, come era prevedibile: anche Vodafone (EE e presto altri operatori mobili), Microsoft (che cesserà il supporto ai laptop del vendor cinese), il chipmaker britannico ARM, la giapponese Panasonic, l’elenco è destinato ad allungarsi. Huawei è come l’Iran: radioattivo. Chi tocca i fili, muore.
Il caso Huawei è però tutt’altro che semplice e riporta all’ordine del giorno temi di fondamentale importanza, che riemergono come certi fiumi carsici: la necessità, oserei dire l’urgenza, di un terzo OS (questa volta, senza se e senza ma, Free Software, sotto licenza GNU/Linux perché “Open non è Free”, come si diceva un tempo, quando si discuteva dell’ambiguità dell’etichetta Open Source e si misurava l’Openness di Google: ecco ora tocchiamo con mano la sua presunta “apertura”, solo sfiorata, o no?) e il senso della disruption nella supply chain che vale 11 miliardi di dollari. E ancora non voglio mettere le mani avanti parlando di biforcazione di Internet e di fine dell’universalità del Web come oggi lo conosciamo, perché questo è un tema geo-politico che richiederà grandissima attenzione nelle prossime settimane, ma merita un capitolo ad hoc.
Il terzo OS non è un tema più rimandabile nel Mobile. Di Android sui dispositivi Huawei restano utilizzabili solo le funzioni e gli strumenti della piattaforma open source: l’azienda cinese potrebbe lanciare già in autunno il sistema operativo Hongmen.
La terza piattaforma. Ci hanno provato in tanti a scalfire il duopolio Google Android e Apple iOS: dal libero Firefox OS di Mozilla al proprietario Windows Phone di Microsoft, tanto per citare i flop più recenti e clamorosi, dopo la fine ingloriosa di Blackberry (ridotto al lumicino), di Palm OS (sembra di parlare dell’epoca giurassica), ma non vogliamo andare troppo indietro con la macchina del tempo perché svelerei solo la mia età, ed essendo una signora (seppure dall’approccio Punk/CyberHacktivist!), non sta bene.
A parlare di una terza opzione, di una terza via, sembra di fare un tuffo nel passato. Prendiamo Google che ha chiamato a raccolta tutti i nerd dal cuore puro e di buona volontà per blindare il sacro Android dalle grinfie di CyanogenMod… Ora abbiamo visto a cosa serve l’Open Source quando non è Software Libero: a dare il benservito ai vendor non allineati, a chi vuoi gettare nei gironi danteschi degli Inferi, a dire: Tu entri, invece, no tu no!
Open non è Free è il titolo di un libro del collettivo Ippolita da rileggere subito. Sembra solo una questione di sfumature, quando si parla di software libero (free software) e software (a sorgente) aperto (open source), ma in realtà cambia tutto: ora tocchiamo con mano quanto la differenza fra Open e Free sia profonda, radicale, paradigmatica.
L’etica hacker, le cui pratiche di condivisione e cooperazione hanno fatto scuola, cerca da sempre di elaborare nuove vie di fuga, insistendo sulla forza delle comunità e sulla responsabilità delle scelte individuali, deve tornare ai suoi principi originari. I profeti dell’Open Source hanno sempre posto enfasi sull’aspetto utilitaristico, mettendo in secondo (e terzo) piano quello etico, messo nell’angolo in quanto ideologico. Invece l’hacker Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation nel 1985, ha sempre messo l’accento sull’aspetto etico, a partire dal concetto di libertà.
La libertà. Quella che non può essere sacrificata sull’altare della Guerra dei dazi del Presidente Trump o dei profitti di Google. La libertà degli investimenti: Huawei ha fornitori (di chip eccetera) in una supply chain che vale 11 miliardi di dollari; nel quartier generale di Shenzen il colosso cinese usa Windows Azure, il cloud di Microsoft, l’azienda che ora non vuole più supportare neanche i notebook targati Huawei. Il bando dell’amministrazione di Trump dovrebbe imporre anche lo standby dei contratti per l’utilizzo dei server e dei datacenter americani, con un impatto sulla disponibilità dei servizi digitali dell’azienda cinese. Microsoft sta tornando in auge in Borsa, grazie al successo nel cloud: la sospensione dei servizi di Huawei potrebbe intaccare anche i suoi ricavi. Nella globalizzazione i rapporti sono intrecciati, come minimo sono rapporti biunivoci: colpisci uno e il boomerang ti torna indietro.
La soluzione? Può arrivare dall’Etica Hacker, condivisione e cooperazione.
If you want to go fast, go alone.
If you want to go far, go together.
(Proverbio africano)
Mirella Castigli (@CastigliMirella) e Ferry Byte