INTERVISTA A Francesca Rulli (Ceo di 4sustainability): Traghettiamo le aziende del fashion e le filiere della moda Made in Italy nell’era Green e Sostenibile

ScenariDigitali.info intervista Francesca Rulli, fondatrice e CEO di Process Factory, l’azienda del marchio 4sustainability che si è posta l’ambiziosa, ma fondamentale missione, nell’era della Transizione Ecologica (dal 2050 l’Unione europea diventerà climaticamente neutra ovvero a impatto zero sul clima, in linea con gli obiettivi degli accordi di Parigi), di traghettare le imprese della moda italiana, i nostri popolari e amatissimi brand del fashion, e le loro preziose filiere della moda Made in Italy, nel nuovo mondo Green e Sostenibile dell’economia post-Covid. Un’intervista che ci apre gli occhi sui temi di maggiore attualità per rendere le aziende italiane competitive nei prossimi decenni.

Intervista a Francesca Rulli (CEO 4sustainability): Come il nostro marchio traghetta le aziende della moda italiana nell'era Green Fashion, i brand e le filiere della moda sostenibile
Intervista a Francesca Rulli (CEO 4sustainability): Come il nostro marchio traghetta le aziende della moda italiana nell’era Green Fashion, i brand e le filiere della moda sostenibile

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La pandemia sta facendo emergere un nuovo concetto di lusso nel mondo del Fashion: più consapevole, eco-sostenibile, più centrato sulla filiera che sul brand. La donna evoluta del 2021, uscita dal lungo lockdown, guarderà l’etichetta di un vestito come si legge l’etichetta alimentare al Supermercato, studiando la provenienza di ogni capo ed accessorio? Siamo davvero diventati tutti più attenti all’ambiente e alla sostenibilità anche nella moda o è una ricerca tipica dei Millennials e delle giovani generazioni, magari suggestionati dalla rivoluzione innescata da Greta Thunberg?

Francesca Rulli (4sustainability): In questa fase non farei tante distinzioni fra generazioni perché i numeri sono ancora troppo bassi. I comportamenti d’acquisto – è vero – stanno cambiando: se nel 2016 solo il 7% di persone dichiarava di acquistare capi di abbigliamento naturali o sostenibili, nel 2018 eravamo già all’11% e quest’anno siamo al 16%. A dettare il ritmo sarebbero proprio i giovani e giovanissimi, ma in termini di consapevolezza scontiamo ancora grossi ritardi. Il problema va però ricercato a monte. Non è pensabile che le persone decidano responsabilmente se non trovano le informazioni sul prodotto e queste informazioni, al momento, non ci sono, sono lacunose o poco attendibili. Lo sforzo maggiore, in questa fase, devono farlo le imprese lavorando per la riduzione dell’impatto ambientale, la buona chimica, la sostituzione delle materie prime con alternative più sostenibili, il coinvolgimento dei fornitori… E poi devono misurare questo impegno attraverso indicatori di performance da comunicare al mercato in massima trasparenza. Oggi sono rare le etichette che dichiarano di quanto si sono ridotte le emissioni di CO2 o i consumi di acqua e di energia necessari per produrre un dato capo, ma è questo a cui prima o poi dobbiamo arrivare, tutto il resto è marketing.
Una nota positiva voglio darla invece a livello di brand, sui quali il consumatore può effettivamente indagare per sapere chi ha avviato percorsi reali di sostenibilità e con quali risultati. La rete è piena di portali, siti corporate, app e sistemi vari di ranking strutturati per misurare l’impegno delle aziende del fashion & luxury, dando alle persone elementi di valutazione da usare, se vorranno, per fare i loro acquisti. Se sul prodotto è ancora difficile documentarsi, insomma, sui brand non ci sono alibi.

 

ScenariDigitali.info: Process Factory si occupa di rendere sostenibile la moda italiana, scendendo in verticale lungo le filiere. Temete il rischio di green washing? E come operate per far sì che chi fa acquisti di moda, compri davvero ciò che è scritto sull’etichetta?

Francesca Rulli (4sustainability): C’è un solo modo per fare della sostenibilità una leva di sviluppo in grado di generare valore: strutturare un percorso per le aziende comparto moda che preveda l’implementazione di una o più iniziative orientate alla sostenibilità. 4sustainability® è esattamente questo: un percorso fatto di progetti concreti con metodi e tecnologie a supporto e un marchio di garanzia, ad attestare l’autenticità dell’impegno che sta a monte. 4sustainability® conta ad oggi oltre 160 adesioni tra imprese della filiera italiana e brand internazionali, ma con il coronavirus i numeri sono destinati ad aumentare.

Guardando in particolare all’Italia, dove c’è tantissimo sviluppo prodotto e altrettante aziende della filiera, l’ambizione è aumentare sempre di più la quota di produzione sostenibile, dando evidenza di questa crescita attraverso dati verificabili sull’impatto ambientale, la tracciabilità, la responsabilità sociale eccetera. Solo così si contrastano il green e il social washing! Il sogno è arrivare a costruire nel nostro Paese una filiera sostenibile che sia di stimolo ad altre filiere nel mondo e convinca tanti brand che in passato hanno spostato all’estero i loro acquisti per mere logiche di profitto a tornare in Italia proprio in nome del valore aggiunto – e fattore competitivo – della sostenibilità.

ScenariDigitali.info: Nei primi cinque mesi 2020 il settore dell’abbigliamento ha registrato un crollo del 46% nell’offline (nei negozi fisici, chiusi durante il lockdown), ma +34% nell’e-commerce (Fonte: Confindustria Moda). I consumatori torneranno a fare shopping quando finirà la pandemia, quando saremo tutti vaccinati (almeno al 70%), ma già si avverte la tendenza verso una nuova eleganza che esalti la tattilità e renda sexy la sostenibilità eco-compatibile. Il successo dei brand della moda spesso è legato al legame intergenerazionale (basta vedere la popolarità del vintage). Cosa proponete ai brand per mantenere il fascino di questo legame antico con le innovazioni della sostenibilità? E come intendete rendere sostenibili le filiere?

Francesca Rulli (4sustainability): Veniamo da un periodo in cui la moda sostenibile veniva associata a torto o a ragione al saio francescano: colori smorti, modelli basici e una scarsa attenzione al design, diciamo così. Oggi siamo su un altro pianeta, perché la sostenibilità ha agito da volano per l’innovazione e la creatività. Meravigliosi maglioni in cashmere rigenerato, tessuti in poliestere da bottiglie di PET, pelle da scarti della frutta e filati dal mais, tinture e finissaggi sostenibili che nulla hanno da invidiare, quanto a prestazioni, alle tecniche tradizionali, ma senza danneggiare l’ambiente e la salute dell’uomo. Il vantaggio ulteriore, in termini di comunicazione, sta nella possibilità di raccontare il prodotto per i suoi contenuti etici, oltre che per le sue qualità intrinseche. Potrei fare tanti altri esempi e sono tutti il risultato di un’innovazione di filiera in cui il brand agisce da stimolo e la catena di fornitura innova i processi. Ecco, in questa logica il futuro è nel design sostenibile, che si applica non solo alla fase creativa dello sviluppo prodotto, ma anche alla manifattura e al suo fine vita, a cosa farne quando la sua funzione sulla carta è esaurita.

ScenariDigitali.info: Nel food si va verso un’etichettatura a semaforo nella UE: verde – giallo e rosso per capire cosa stiamo davvero acquistando al banco degli alimentari. Pensate che una segnaletica consumer-friendly possa aiutare lo shopping sostenibile rendendo tracciabile la filiera?

Francesca Rulli (4sustainability): Assolutamente sì, è la direzione in cui va anche il marchio 4sustainability® e le iniziative che ci stanno dietro. Sono sei, le cito velocemente: Chemical Management è l’iniziativa per l’eliminazione delle sostanze tossiche e nocive dai cicli produttivi, Materials è la conversione all’uso di materie prime sostenibili, Recycle lo sviluppo di pratiche di riuso, riciclo e sustainable design; con People ci occupiamo di far crescere il benessere organizzativo e la responsabilità sociale d’impresa lavorando sui talenti, mentre Planet è l’iniziativa strutturata per misurare e ridurre l’impatto ambientale della produzione in termini di CO2, acqua ed energia; infine c’è Trace, cioè la corretta gestione degli impatti socio-ambientali dei processi interni e della filiera attraverso attività di valutazione, tracciamento, monitoraggio e miglioramento.
Ecco, per ognuna di queste iniziative, attribuiamo all’azienda un livello di implementazione che misura e garantisce i progressi fatti, dall’ongoing al basic, all’advanced, fino all’excellence. È un “semaforo” che si applica per ora al solo prodotto di filiera, ma che dimostra di funzionare molto bene anche in termini di comunicazione del proprio impegno al mercato.

ScenariDigitali.info: Infine, siete una società dinamica e innovativa che lavora per rendere il Made in Italy della moda sostenibile. Usate lo smartworking? Realtà Virtuale e aumentata con QR Code? Pensate che il futuro della tracciabilità sia nella blockchain come per i diamanti “etici” ed altri prodotti di alta gamma?

Francesca Rulli (4sustainability): Lo smartworking fa parte del nostro credo aziendale ben prima del Covid. Come modalità di organizzazione del lavoro, peraltro, è funzionale alle attività di supporto sul campo che ci distingue da sempre.
Adottiamo anche il QR Code, integrato nel marchio 4sustainability® che rilasciamo alle aziende titolate a riceverlo. La lettura del QR Code dà accesso a una pagina web in cui il percorso di sostenibilità portato avanti dall’azienda viene raccontato in piena trasparenza, con la possibilità di scaricare il report sintetico delle performance raggiunte attraverso una serie definita di KPIs.
Quanto alla Blockchain, sarà certamente uno degli strumenti di archiviazione sicura del dato che adotteranno le aziende di moda. Ma la parte essenziale sta a monte, sta nel sistema di raccolta e gestione di quel dato e dunque nei principi di trasparenza e tracciabilità delle informazioni che sono alla base di ogni percorso serio verso la sostenibilità.

Mirella Castigli @CastigliMirella

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