Vincenzo Lipari, pittore, già artista controcorrente nell’operazione “Covid Save The Queen“, è anche un rinomato ristoratore della costa labronica, a Castiglioncello, già definita perla del Tirreno ai tempi di Mastroianni e Sordi che, nella cittadina di origine etrusca, trascorrevano l’estate, nelle loro sontuose ville, ai tempi d’oro di Cinecittà. E, forse, questo dettaglio non è affatto un caso, perché spiega l’attaccamento di Lipari alla materia, ai pennelli, ai colori, al corporeo e al tangibile, a ciò che si manipola con le mani e non coi software, alla tela – gli ingredienti primari della sua arte -, da contrapporre all’astrazione degli Nft, quei certificati di autenticità digitale che stanno diventando la patinata espressione artistica digitale del nostro tempo che da un paio d’anni anni sta sconquassando il paludato mondo dell’arte, un tempo legato all’esclusività dell’arte e ora abbagliato dalle Jpeg di oggetti digitali e immateriali, replicabili con un banale, ma democratico clic destro sul mouse.
L’ attaccamento alla materia e alla pittura ha invece portato Lipari a riflettere sulle implicazioni dello sbarco degli Nft nell’arte odierna, tanto da chiedersi se gli artisti siano costretti a sanguinare, letteralmente, per denunciare il ruolo energivoro e poco sostenibile degli Nft.
Vincenzo Lipari ha messo in discussione gli Nft da pittore, giungendo a firmare un suo quadro col suo stesso sangue. Un’extrema ratio per mettere in luce quanto il boom dei Non-Fungible Token (di cui Nft è l’acronimo) sia in realtà quello non della democratizzazione dell’arte, bensì di una tecnologia energivora che rende l’opera d’arte non più sostenibile dal punto di vista ambientale e, se si creasse una bolla come all’epoca della speculazione dei tulipani nell’Olanda del ‘600 , forse perfino sotto il profilo finanziario.
Vincenzo Lipari pittore: cosretti a sanguinare
Imprimendo il suo pollice insanguinato sulla tela, lasciando quindi come firma sul quadro – intitolato “La perfezione e l’equilibrio degli spazi” – l’impronta biologica fatta con il proprio sangue, Lipari rivendica di “…ripartire dalla nostra essenza umana, dal nostro stesso sangue, per firmare le opere d’arte”. E sottolinea: “I Non-Fungible Token ci permettono di clonare perfettamente dei manufatti digitali aggiungendo loro una firma d’autore tramite sistemi informatici di blockchain che consumano grandissime quantità di energia elettrica e quindi con un impatto ecologico notevolissimo (in questi tempi di crisi energetica e climatica). Come autore che viene da una tradizione artistica ‘analogica’ – pur non disdegnando e snobbando affatto tavolette digitali e quant’altro offerto dalle nuove tecnologie per accelerare e semplificare il lavoro d’artista – ho voluto realizzare una mia opera d’arte, un quadro, che, nella sua stessa firma, ponga in maniera drammatica e provocatoria la necessità che ha l’arte contemporanea di umanesimo e anima pop (in senso di comprensibilità della medesima)…”.
Ovviamente Nft e blockchain potrebbero diventare eco-sostenibili se sfruttassero energie rinnovabili, tuttavia – in quest’era di scarse risorse energetiche, finché non sarà completata la transizione energetica -, rimangono energivori e a volte generati inquinando col carbone…
Anche Salvatore Iaconesi contribuì a scrivere un testo critico in tema dal titolo NFT: No_FuTure, per denunciare il fatto che molti collezionisti di NFT non nutrono alcun interesse artistico, anzi, il più delle volte, sono investitori in criptovalute unicamente a caccia di un altro modo di arricchirsi in fretta. Il mercato delle criptovalute è ancora de-regolamentato e a volte copre il riciclaggio di denaro, ponendo ulteriori dilemmi sulla strada lastricata d’oro (o Bitcoin) degli NFT.
Tutti sappiamo che gli Nft guardano al Metaverso , alle future case d’asta e gallerie d’arte immateriali, dove gli appassionati d’arte e i collezionisti inforcheranno un visore di Virtual reality (VR) per ammirare quelle opere d’arte digitali, oggi apparentemente fantasmi nel mondo reale, ma destinati ad acquisire valore nell’immaginario digitale in cui tutti siamo immersi e pronti a tuffarci in quell’oceano di bit tramite le nostre protesi (smartphone, tablet, Oculus, visori VR/AR eccetera).
Il futuro è forse fatto di algoritmi, intelligenza artificiale e NFT. Ma l’artista, pittore Vincenzo Lipari ci ricorda il nostro imprescindibile fattore umano, le origini del nostro human touch, intriso di sangue ed emozioni come in un quadro di Caravaggio o una tela di Picasso, per riportarci alle radici dell’arte come pensiero umano, prima ancora che come generatore di emozioni. L’arte è innanzitutto nata quando i primi uomini preistorici lasciarono l’impronta delle mani nelle caverne, all’alba della storia, per indurre i loro simili a ragionare, portando l’umanità ai più alti livelli di ragionamento ed astrazione. E l’arte è la più alta delle espressioni umani, dunque un po’ di human touch e fattore umano non potrà mai mancare, altrimenti è arte – non è arte, si sarebbe chiesto Lucio Fontana.
Link: Vincenzo Lipari pittore
Scacco al Web: Nft: costretti a sanguinare – #Forced2Bleed