Ogni anno in Francia si spendono 3 miliardi di euro in libri. Il triplo rispetto all’Italia. Oggi il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, presso il Salone del Ministro al Mibact, ha presentato il Patto della Lettura con le Tv (Rai, Mediaset, La7, Sky Italia, Discovery Italia e Tv2000). Verranno mandati in onda spot per promuovere la lettura come piacere. Ottima iniziativa, ma basterà?
Dagli ultimi dati dell’Associazione italiana editori (AIE), emerge una situazione sconfortante: “sono circa 33 milioni (dati 2016) le persone con più di 6 anni che non hanno letto nemmeno un libro di carta in un anno”; gli e-book contribuiscono solo per il 7% del mercato; il settore nel 2016 ha messo a segno una timida crescita (+0,3%) rispetto all’anno precedente; il 10% di famiglie dice di non possedere libri in casa, mentre quasi la metà nel 2016 “ha a disposizione non più di 50 libri”. Dal punto di vista geografico, c’è un gap enorme fra Nord e Sud del Paese: “Tra il Nord Est e il Nord Ovest la percentuale dei lettori è pressoché simile (48,7% e 48,5%), nel Centro Italia i lettori sono il 42,7%. Il crollo è nel Sud in cui i lettori sono il 27,5%”. Le uniche note positiva giungono dalla fiction (38,4% a copie) e dai libri per bambini e ragazzi (22,8% sempre a copie), due generi che insieme rappresentano oltre metà del mercato, sia a valore che a copie, “e sono in crescita rispetto al 2016”.
Caro ministro, il Patto per la Lettura è interessante, ma sarà sufficiente in un Paese che non legge e che ha anche – ci permetta l’espressione – uno Spread libraio così vasto con il resto dell’Europa?
Non è Google Home la regina degli home speaker, bensì Amazon Echo con Alexa (tra parentesi, la tecnologia ad attivazione vocale del colosso di Seattle è in arrivo in Italia, dopo il recente debutto di Amazon Pay). I dispositivi Amazon Echo ed Echo Dot detengono il 70.6% del mercato USA, secondo eMarketer.
Lo speaker casalingo di Amazon è dotato di Alexa, la tecnologia ad attivazione vocale a cui gli utenti impartiscono ordini vocali per ascoltare musica, chiamare Uber o accendere le luci.
Gli acquirenti potrebbero ordinare acquisti via Alexa, generando 10 miliardi di dollari per Amazon entro il 2020 (fonte: RBC Capital Markets).
Il titolo di Amazon è prossimo a raggiungere i mille dollari, dopo l’ottavo trimestre consecutivo in utile: Amazon ha postato 724 milioni di dollari di profitti, di cui l’89% deriva dai servizi cloud di Amazon Web Services, sebbene Aws fatturi appena il 10% del totale. Anche Prime è una macchina da profitti: il servizio in abbonamento per la spedizione gratuita dei pacchi e dello streaming di musica e film fattura 1,9 miliardi di dollari nel trimestre, in crescita del 49% rispetto all’anno precedente. Il 65% delle famiglie statunitensi è abbonato a Prime: spendono 1300 dollari all’anno contro i 600 dollari degli altri clienti. L’internazionalizzazione è poi affidata all’acquisizione di Souq.com e agli investimenti in India e Messico.
Il business delle memorie NAND cresce molto più velocemente di quello delle CPU per server, PC e laptop. Di questo passo, Samsung potrebbe mettere la freccia su Intel, chipmaker numero uno dal 1993, quando strappò la corona a NEC.
Secondo IC Insights, le vendite di chip di Samsung potrebbero superare quelle di Intel nel secondo trimestre dell’anno: con 14.6 miliardi di dollari, il colosso sud-coreano può registrare uno storico sorpasso rispetto ai 14.4miliardi di dollari di Intel.
A spingere i conti di Samsung non sono solo le memorie DRAM e NAND, ma anche i processori mobili a 14nm, che trainano i profitti della divisione in crescita del 40% anno su anno.
Il sorpasso avviene mentre Galaxy S8 dà grandi soddisfazioni a Samsung e mentre Apple è impegnata nella guerra dei chip (e non solo contro Qualcomm) ed è sotto attacco su tutti i fronti (il rallentamento a sorpresa delle vendite di iPhone avviene mentre Microsoft lancia Surface Laptop, una sfida ai Macbook e ai Chromebook nel settore Education).
Tesla, la fabbrica dei sogni di Elon Musk, ha chiuso il primo trimestre, raddoppiando i ricavi. Gli scettici vogliono vedere se il profeta della triade Green (auto elettriche – energia pulita e viagi spaziali con Space X) riuscirà a produrre 500.000 vetture all’anno nel 2018. La versione finale di Model 3, il primo modello “di massa” che verrà venduto al prezzo di 35 mila dollari, verrà presentata a luglio.
Tesla aumenta il fatturato a 2.7 miliardi di dollari, ma le perdite nette si allargano, passando da 282.3 milioni di dollari a 330.3 milioni di dollari, a causa dell’acquisizione di SolarCity (pannelli solari).
Tesla afferma che è migliorata l’efficienza: i tempi di riparazione veicoli si sono ridotti del 35% grazie all’uso della diagnostica da remoto.
Nei giorni scorsi Tesla ha superato Ford Motor e General Motors (GM) per capitalizzazione di mercato a Wall Street.
Secondo Vox, per costruire auto interamente elettriche servono batterie di litio5mila volte rispetto a quelle necessarie a uno smartphone. Secondo Bloomberg New Energy Finance, entro il 2022 avere un’auto elettrica sarà meno costoso di averne una classica.
Lo smartphone è morto (anche se ancora non lo sa), viva l’hardwdare.
Archiviati gli errori di Steve Ballmer (due per tutti: l’acquisizione di Nokia e il flop di Surface RT), il Ceo Satya Nadella è ripartito dalla gamma Surface per riconquistare giovani e Millennial. Per non perdere il treno generazionale. Ora agli ibridi Surface, Microsoft ha affiancato l’all-in-one Surface Studio, il portatile Surface Book e ora il Surface Laptop con Windows 10 S (ex Windows cloud), la risposta di Microsoft ai Chromebook. Senza dimenticare i visori HoloLens per la mixed reality (AR inclusa).
Le ambizioni di Microsoft nell’hardware si basano sulle cifre: Surface ha generato oltre 4 miliardi di dollari di vendite nello scorso anno. Il tablet di Microsoft è risultato in testa alla classifica J.D. Power U.S. Tablet Satisfaction. Il declino del 26% nell’ultima trimestrale è più legato al fatto che i modelli di Surface Pro iniziano ad essere datati. Il colosso del software deve solo imparare la regola aurea dell’hardware: quando scatta l’ora del refresh, quando è il momento di tagliare i prezzi per dar via l’inventario.
Poiché l’ultimo MacBook Pro, arrivato dopo 500 giorni dal modello precedente, ha deluso i fan del Mac, è troppo complesso da usare e pure costoso, forse Microsoft può cogliere una finestra di opportunità per attirare utenti Mac nel campo del Surface.
Windows ha perso il suo monopolio, nel senso che detiene il 90% del mercato Pc, un settore in declino (anche se ora qualcosa si muove, secondo Idc) “superato” dal Mobile (smartphone e tablet). Microsoft, tuttavia, ha la sua occasione d’oro per forgiare nuove relazioni con creativi, designer ed architetti. E lo smartphone? Forse è morto, anche se il mercato smartphone – da 1,5 miliardi di pezzi – ancora non lo sa. Ma il futuro appartiene ai dispositivi come HoloLens.
P.S.: Microsoft tornerà a fare smartphone ma questi saranno radicalmente diversi. Con Surface Phone, think different.
Sembrava che dovesse postare la solita noiosa trimestrale e il titolo aveva già toccato un nuovo record. Invece no: a sorpresa le vendite di iPhone calano e il titolo crolla. Gli utenti si tengono il vecchio iPhone ancora per qualche mese, aspettando iPhone 8, l’attesissimo smartphone del decimo anniversario.
L’azienda, che detiene 250 miliardi di dollari in contanti o investimenti a breve, è costretta a un programma di capital return pari a 50 miliardi di dollari. I ricavi derivanti da servizi (iCloud, App Store, Apple Music) intanto salgono del 18% a 7.04 miliardi di dollari.
Apple ha venduto 50.8 milioni di iPhone, meno rispetto ai 51.2 milioni di un anno fa e sotto le attese. Il fatturato degli smartphone è salito dell’1.2%.
Ferve l’attesa per iPhone 8, il dispositivo del decimo anniversario: potrebbe avere ricarica wireless, riconoscimento facciale 3D, fotocamera con doppia lente, chip a 10 nanometri e display curvo e Oled, racchiuso in un design più simile all’iPhone 4 del 2010. Forrester Research esprime scetticismo sulle previsioni del ciclo di upgrade. Più le vendite di S8 sono forti, più incerte sono le stime su iPhone 8: e Samsung Galaxy S8 ha già superato del 30% le vendite di S7.
Inoltre l’azienda di Cupertino è impegnata nella guerra dei chip, per ridurre la dipendenza dai supplier ed accelerare nel chip design. Apple ha cessato di pagare le royalty ai partner Qualcomm, dopo aver sospeso l’utilizzo dei chip di Imagination e aver messo Dialog in difficoltà.
Samsung Galaxy S8 e i concorrenti hanno alzato l’asticella, mentre il mercato smartphone non cresce più come un tempo ed Apple rallenta in Cina (dove il fatturato è in flessione del 14%, meno precipitosamente di un anno fa).
Il titolo di Apple cala del 2%, dopo un balzo in avanti del 27% quest’anno.
Twitter ha siglato partnership con 16 player editoriali, da Bloomberg a BuzzFeed, da Nba a Live Nation. Con lo streaming 24 ore al giorno, il micro-blog di San Francisco sfida le Tv.
Dall’ultima trimestrale, Twitter ha superato la soglia di 800 ore di contenuto Live visto da oltre 45 milioni di utenti unici. Il bilancio della società nel primo trimestre 2017 è stato migliore delle attese: ha riportato il sorriso a Wall Street, grazie all’incremento del 6% della base utenti a quota 328 milioni di unità. Il fatturato è calato dell’8% a 548 milioni di dollari, ma la perdita netta si è ridotta a 62 milioni (contro il rosso di 80 milioni dello stesso periodo nel 2016).
Ora Twitter dice, per bocca del Chief Operating Officer Anthony Noto, che vorrebbe che tutti i leader mondiali twittassero come il presidente Trump. Finora il prolifico utilizzo di Tweet (spesso controversi), non aveva smosso le acque nell’audience del micro-blogging da 140 caratteri, tuttavia il presidente degli USA conta 28.6 milioni di follower, in crescita rispetto ai 24 milioni al momento dell’inaugurazione della sua presidenza. Il sito ha aggiunto 9 milioni di utenti nel primo trimestre: utenti che seguono più news ed account politici.
A New York Microsoft presenta Windows 10 S:, finora noto con il nome in codice di Windows 10 Cloud: i dispositivi partono a 189 dollari, con un anno gratuito di Minecraft Education Edition ed Office 365 for education e Microsoft Teams, l’area di lavoro di Office 365 basata su chat “che integra tutte le persone, i contenuti e gli strumenti necessari” per rendere i propri team più aggiornati sui lavori condivisi. Partner di Windows 10 S sono: Acer, Asus, Samsung e Toshiba. La S sta per sportivo, ad alte performance.
Microsoft Teams per le classi di scuola supporta sondaggi ed altre applicazioni, ma soprattutto permette agli insegnanti di vedere tutti gli studenti della classrooms e fare l’appello. Consente al docente di parlare a 2 studenti e ai loro compagni. L’azienda guidata dal Ceo Satya Nadella ha offerto una demo di editing collaborativo nei documenti Word condivisi.
In ambito hardware, Microsoft ha svelato Surface Laptop, un notebook da 999 dollari, 1,25 Kg, equipaggiato con Windows 10 S. Dotato di CPU Intel Core i5 di settima generazione, porta USB 3.0 Type-A, è in preordine dal 2 di maggio e in commercio dal 15 di giugno.
Qual è l’azienda tecnologica più popolare a scuola? Google, grazie ai poco costosi e performanti (oltreché basati sul cloud) Chromebook. Microsoft è alla rincorsa del settore Education, dove lancia l’iniziativa #MicrosoftEDU: i Surface dovranno sfidare anche Apple iPad, oltre ai più economici Chromebook. Nelle scuole USA, più di metà dei device comprati l’anno scorso erano Chromebook, secondo Futuresource Consulting, in crescita di un terzo rispetto al 2014: Gmail è il servizio con più accessi (forte di 900 milioni di login).
Nell’ultima trimestrale, i Surface perdono terreno (sono in calo del 26%), ma il cloud cresce del 50% a quota 15.2 miliardi di dollari, mentre la suite per la produttività Office 365 conta 100 milioni di utenti attivi. Ma se Surface piange, messo sotto pressione dalla concorrenza dei partner (Dell Technologies, Lenovo e Hp), finalmente Windows ride: i ricavi da licenze mettono a segno un incremento del 5%, spintti anche dalla ripresina (+0,6%) del mercato Pc.
In ambito consumer, Windows – la tradizionale gallina dalle uova d’oro dell’azienda di Redmond – scende dell’1%, ma salgono del 10% i ricavi più fruttuosi di Windows per business ed educational. Motivo per cui, Microsoft decide di insistere in questo campo. Con grande anticipo, Microsoft scommette su Windows 10 Cloud per il Back to school. Intanto prepara gli STEM summer camp.
Nessuno mette in dubbio la capacità di innovare delle aziende tecnologiche, anche se il rallentamento è evidente: nel 2004, all’indomani della quotazione di Google, dovevo scrivere 15-20 news al giorno, per stare dietro al lancio di nuovi servizi, oggi bastano 3-5 news quotidiane ed a volte sono perfino troppe.
Ma non è neanche questo il punto: la disruption è andata parecchio avanti, oggi l’Intelligenza Artificiale (AI) è una realtà e fa progressi day-by-day. Tuttavia, il declino culturale della Silicon Valley sembra segnato: Brad Stone di Bloomberg ha spiegato come Uber e Airbnb stanno cambiando il mondo, ma nessuno pensa più che questo progresso conduca a una società migliore. Anzi.
L’automazione (sia software con l’AI che hardware con i robot) ingurgita posti di lavoro, come il terrificante Pesce-cane inghiottisce Pinocchio nel libro di Collodi. La vita digitale divora la nostra privacy, ormai ridotta a feticcio, nonostante l’adozione della crittografia end-to-end, come pannicello caldo per passare un colpo di spugna sul caso NSA. Ma a strappare l’aura di eroi ai protagonisti della Silicon Valley è anche l’ascesa di personaggi spregiudicati, come Marissa Mayer, il Ceo di Yahoo! che guadagnerà 186 milioni di dollari come risultato dello spezzatino (la cessione di asset core a Verizon) e del silenzio su due gravissimi casi di data breach (uno ha compromesso gli account di un miliardo di utenti: un miliardo, non quattro gatti). Mayer, ex enfant prodige di Google, ha sprecato un paio di miliardi in decine di acquisizioni, che non hanno rivitalizzato Yahoo!, ma ne hanno accelerato il declino, fino allo showdown, la svendita di un brand storico della valle del silicio. Ma è forse meglio il controverso Travis Kalanick, il Ceo di Uber finito nel minirino dei media per varie accuse?
In questo scenario, si aggira non solo lo spettro dell’oligopolio, ma quello ben più opprimente dei feudatari della Rete. Secondo Pivotal Research, Google e Facebook detengono il 99% della crescita del digital advertising nel 2016. Google cattura l’88% del mercato dei motori di ricerca. Facebook, tramite la triade della messaggistica (Whatsapp e Facebook Messenger) più Instagram – detiene il 77% dei social media. Amazon (che non sta in Silicon Valley, ma ne condivide lo spirito) controlla oltre metà dell’e-commerce, ma raggiunge il 74% delle vendite di e-book. Apple fa il pieno dei guadagni: incassa il 79,2% dei profitti mondiali degli smartphone. Startup come Uber e AirBnb vengono continuamente contestate nel mondo, perché la sharing economy modifica i rapporti fra produttori e consumatori, trasformando i consumatori in nuovi produttori, ma contribuendo all’impoverimento ed alla de-professionalizzazione della classe media.
Nei giorni scorsi, per la prima volta Bitcoin ha superato il valore dell’oro e Tesla ha messo la freccia sulla GM a Wall Street. Ma la domanda da porsi è un’altra: basteranno queste notizie a frenare il declino culturale della Silicon Valley? O non si sta, progressivamente, erodendo il capitale di simpatia/utopia delle Big IT, accusate di pagare le imposte dove fa più comodo, di aiutare la diffusione di Fake news (mettendo a repentaglio la democrazia) ed additate di portare l’orologio della storia indietro ai tempi delle gabelle del sistema feudale? Forse un’operazione simpatia, questa volta, non sarà sufficiente per riportare in auge i nuovi Padroni delle Ferriere Digitali, la cui concentrazione di ricchezza e potere è perfino peggiore di quella di John Rockfeller e J.P. Morgan, come osserva con acume Jonathan Taplin.
You are not a Gadget è il manifesto – e un bestseller – scritto dall’informatico Jaron Lanier contro la falsa filosofia del Free. Perché tiro fuori dal cilindro questo ricordo, datato, ma pur sempre valido? Perché ho sentito dire che il voto online è gratis. Ebbene, nulla è gratis su Internet. Chi afferma ciò, sta lanciando una fake news. Ma Jaron Lanier ci ricorda anche: se online è gratis, vuol dire che TU sei il prodotto. Se è gratis, TU sei il gadget.
Personalmente, sono a favore dell’e-commerce, del banking online, dell’App economy, della Fintech e soprattutto della PA digitale: non sono luddista né profeta delle code. Ma in attesa che la Blockchain permetta una vera democrazia diretta, sicura ed affidabile (cosa che oggi non è), credo che sia necessario sfatare le fake news: online nulla è gratis.
Dietro al virtuale, ci sono cavi – fibra ottica – datacenter – piattaforme digitali. Dunque costi hardware e software. Sul Web, ciò che è gratis, in realtà è sostenuto dall’advertising digitale: pubblicità (sì, quella che paghiamo quando andiamo ad acquistare un prodotto, sia in un negozio fisico che nell’e-commerce).
Affermare che ciò che online costa poco o è gratis sottintende una visione anacronistica da Geek esaltato che non conosce le dinamiche della Rete. La polemica non è dunque fra apocalittici od integrati, ma fra chi informa il pubblico e lo rende consapevole e chi invece spaccia Fake News.
L’utente finale è una persona: un cittadino che merita un’informazione corretta. Non un prodotto, un gadget usa-e-getta. E la Rete non deve diventare un megafono di fake news o bufale.
Massimo rispetto della Privacy: nessuna racolta di dati personali
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