Al CES 2018 di Las Vegas ci sono due protagonisti: uno silenzioso e che gira in background, Internet of Things (IoT), che Samsung ha ri-soprannominato, con astuzia intuitiva, l’Intelligenza delle Cose; l’altro parla, eccome se parla, trattandosi degli assistenti digitali (vocali) che conquistano Tv e nuovi dispositivi.
Questo post nasce dalla considerazione che le borse globali sono passate dai 34 trilioni del 2008 ai più di 80 trilioni di oggi. Apple e Alphabet (la capofila di Google) sono in gara per diventare la prima azienda da un trilione di dollari. Ma, sarà vero o no, c’è chi teme che i mercati azionari siano sopravvalutati di almeno un 20%. Quindi, in attesa di sapere ciò che avverrà (a dispetto di Bitcoin, visto più come bene rifugio che come asset speculativo, in questo caso), scattiamo una panoramica sulle Big IT, fra acquisizioni e previsioni.
Aggiungeremo una nuova istantanea alla nostra carrellata. Ogni nuovo pezzo verrà aggiunto in alto, per agevolare la lettura complessiva: dopo il ritratto di Apple, Facebook e Google, oggi tocca a Amazon. (POST in fieri: un update al giorno).
L’intelligenza artificiale (AI) è il vero fil rouge dell’evento di ieri sera di Google, in cui sono stati presentati il chromebook ibrido (2-in-1) Pixelbook, gli smartphone Pixel 2 e 2 XL: l’AI sale a bordo degli smartphone e perfino di una fotocamera che decide da sola quando scattare. Invece gli auricolari wireless Pixel Buds, con Google Assistant, traducono in tempo reale in quaranta lingue grazie a Google Translate.
I nuovi Pixel, gli smartphone con il retro più sexy, sono stati presentati, all’indomani (o quasi) dell’acquisizione per circa un miliardo di dollari di circa 2mila ingegneri e developer dall’azienda taiwanese HTC. Ma vediamo i nuovi smartphone nel dettaglio, specifica per specifica, ricordandoci che hanno un segno particolare: l’AI. Continue reading “SLIDESHOW: Pixelbook, Pixel 2 e 2 XL: l’hardware Made by Google con l’AI dentro”
L’intelligenza artificiale (AI) di Google ha il doppio del QI di Apple Siri, ma entrambe verrebbero battute da un bambino dell’età di sei anni. Sono i risultati a cui è giunto uno studio condotto nel 2016, secondo il quale l’AI di Google è salito a 47.28 (molto più di quanto avesse nel 2014), mentre Siri ha totalizzato un punteggio di 23.94 punti. La cinese Baidu ha messo a segno 32.92 punti, mentre Microsoft Bing ne conteggia 31.98.
L’AI di Google è salita alla ribalta quando AlphaGo ha battuto il campione di Go in Cina, il leggendario Lee Se-Dol, e poi Ke Jie, il miglior giocatore di Go al mondo. Go è un gioco di strategia complesso ed è stato il banco di prova dello stato dell’arte dell’intelligenza artificiale (AI). AlphaGo è un software per il gioco del go sviluppato da DeepMind, impresa britannica di intelligenza artificiale, fondata nel 2011, acquisita da Google nel 2014 ed oggi controllata da Alphabet, la capofila del motore di ricerca di Mountain View. Continue reading “Lo stato dell’arte dell’intelligenza artificiale (AI)”
HTC non è un vendor Android qualsiasi, ma – volente o nolente – è un primus inter pares, anche solo per un motivo storico: è stato il primo OEM a scommettere sull’OS open source di Google. Era l’epoca del T-Mobile G1 e all’epoca la casa di Taiwan era un vendor legato a Microsoft, con cui collaborava sui terminali con Windows Mobile: un’era geologica fa. Inoltre, quando Google è tornata all’hardware con i fortunati Pixel, dopo la svendita di Motorola (a Lenovo), è tornata a bussare alle porte del vendor taiwanese, con cui in passato aveva già realizzato i Google Nexus. L’acquisizione del team di HTC, per 1,1 miliardi di dollari, da parte di Google, ha dunque radici profonde, indice di un rapporto che prosegue negli anni.
Certo, dal picco di vendite del 2011 (con 45 milioni di unità, secondo Counterpoint Research), Htc è piombata a 12,8 milioni di smartphone, passando dal 9% di market share a meno dell’1%. Una china pericolosa. Gli ultimi anni non sono stati facili per Htc, costretta a licenziare migliaia di dipendenti, a causa dell’ascesa delle tigri cinesi (Huawei, Xiaomi, ZTE, Vivo e Oppo: i produttori cinesi hanno raddoppiato l’export in tre anni, ora esportano il 40% dei loro device; Huawei, con un balzo del 50% in Europa nella prima metà dell’anno, potrebbe superare Apple come secondo vendor al mondo, alle spalle di Samsung: il Mate 10 è atteso il 16 ottobre), mentre esploravs nuove strade, oltre Android, ampliando il raggio d’azione alla realtà virtuale con il visore per la realtà virtuale (VR) Htc Vive.
La scommessa di Google, forte di oltre un miliardo di dollari per aggiudicarsi i talenti di HTC, dimostra che il motore di ricerca fa sul serio nell’hardware, il cui business è cresciuto del 42% a 3,1 miliardi di dollari nel secondo trimestre (il segmento però include il cloud, in rapida crescita).
Google era già entrata nel mercato hardware, quando aveva acquisito l’americana Motorola per 12,5 miliardi di dollari: era il 2012 e l’azienda aveva fretta di rastrellare brevetti per difendersi nella Patent war innescata da Apple. Ma, dopo soli tre anni, Google cedette gli asset hardware di Motorola alla cinese Lenovo, per una frazione della cifra sborsata solo pochi trimestri prima: fu costretta a vendere, anche a causa delle tensioni innescate fra i vendor Android (Samsung aveva minacciato di mettere Android in secondo piano, scommettendo su Tizen OS). Ma l’anno scorso Google ha assunto Osterloh (ex Motorola) per guidare il business hardware, dove verrà inglobato il team di Htc.
L’acquisizione dei talenti provenienti da Htc, per costruire i prossimi Pixel (a proposito, Pixel 2 vedranno la luce il 4 ottobre), creerà una nuova ondata di tensione fra Google, che realizza la piattaforma Android, e gli altri vendor Android, o questa volta filerà tutto liscio? Samsung non avrà timore della competizione rappresentata dai Pixel, costruiti dal team di Htc in stretta collaborazione con il team software di Google? Solo il tempo dirà se il ritorno di Google nell’hardware sia stata o meno la scelta giusta.
Ecco i numeri emersi alla conferenza sviluppatori Google I/O 2017: la piattaforma mobile Android conta già 2 miliardi di dispositivi attivi (contro 1.4 miliardi nel 2015 e 1,7 miliardi di device iOS), ora vuole portarli sull’ultima versione Android O e conquistare un altro miliardo, grazie a smartphone, tablet, smartwatch, Android TV, Google Home con assistente vocale Assistant, Android Auto, sistemi di realtà virtuale e Intelligenza artificiale (AI); Google Play Store ha registrato più di 82 miliardi di download di applicazioni; Android Auto su 300 modelli (comprese vetture di Volvo ed Audi), Android Watch su 50 modelli di smartwatch, Android TV conta un milione di attivazioni ogni 2 mesi; Android Go è il nuovo Android One, è in grado di funzionare con meno di 1 GB di RAM, ed è dedicato alla fascia più bassa del mercato dei dispositivi mobili; gli utenti attivi mensili su Google Drive sono 800 milioni, mentre mezzo miliardo sono gli utilizzatori di Google Foto, dove ogni giorno si caricano 1,2 miliardi di foto; l’Assistente Google è già attivo su oltre 100 milioni di dispositivi (presto su iPhone).
In arrivo sono Google Lens (sarà sufficiente puntare lo smartphone sull’insegna di un ristorante per accedere alle recensioni) e WordSense, un sistema che digitalizza lo spazio intorno all’utente e può proiettare quest’ultimo nell’ambiente senza sensori, ma sfruttando gli algoritmi di Visual Positioning Service. HTC e Lenovo realizzeranno nuovi visori che funzionano anche senza smartphone.
L’assistente Google Home diventa proattivo. eMarketer stima che 36 milioni di americani useranno uno speaker con assistente vocale come Amazon Echo o Google Home, almeno una volta al mese (+129% anno su anno).
“Invece di fare salti mortali per trovare la lunga e complicata password del Wi-Fi sul retro del router, il vostro telefono ora può aiutarvi a riconoscere la password, capire che state tentando di accedere alla rete Wi-Fi e autenticare l’accesso in modo automatico”, ha dichiarato Sundar Pichai, Ceo di Google: “E per utilizzare queste nuove funzionalità, non avete bisogno di imparare nulla di nuovo. L’interfaccia e l’esperienza utente possono essere molto più intuitive rispetto, ad esempio, al copiare e incollare da un’app all’altra dello smartphone. La prima cosa che faremo sarà introdurre le funzionalità di Google Lens all’interno dell’Assistente e di Google Foto, per poi estenderlo anche agli altri prodotti”.
Si stima che Facebook genererà 16.3 miliardi di dollari nel mercato del display advertising in USA, pari a un terzo del settore, secondo eMarketer. Google ha una quota di mercato in declino al 12.5%. Ma a Google I/O il Ceo Sundar Pichai ha posto le basi per la crescita futura nei nuovi mercati emergenti.
Alphabet, la capofila di Google, ha archiviato il primo trimestre, registrando profitti in crescita del 29% a quota 5.43 miliardi di dollari. Neanche il boicottaggio di YouTube da parte degli inserzionisti scalfisce il dominio di Google nel digital advertising.
Secondo Pivotal Research, Google e Facebook detengono il 99% della crescita del digital advertising nel 2016: i grandi player diventando sempre più grandi, mentre manca l’acqua a quelli più piccoli. Google dovrebbe salire dal 60.6% al 61.6% nel mercato advertising globale legato al search nel 2017 (fonte: eMarketer).
Il Ceo del motore di ricerca Sundar Pichai definisce Search, Maps, YouTube e Google Play il “Prime Time del mondo Mobile”. Il fatturato di Google è salito nel trimestre del 22.2% a 24.75 miliardi di dollari: il motore di ricerca si avvia verso i 100 miliardi di ricavi annui. I Paid click sono saliti del 44%.
A trainare i conti di Google è anche il business del cloud. Gli smartphone Pixel e il Play store hanno registrato un forte incremento nel primo trimestre, impennandosi del 49.4% a 3.10 miliardi di dollari.
La voce “Other Revenue” è passata dal 10%al 13% del fatturato di Alphabet: Google sa diversificare. E lo fa meglio di Facebook.
Ma il cloud di Google non ha le dimensioni di Amazon Web Services o di Microsoft Azure: il primo è cresciuto del 43% a 3.66 miliardi di dollari, l’unità di Redmond è salito del 93%. Tuttavia Google sta investendo pesantemente nel settore: Morningstar stima che “other revenue” cresca del 38% a 14 miliardi di dollari nel 2017, anche grazie all’hardware (Amazon Pixel e lo speaker casalingo Home).
Anche se a fare la parte del leone è tuttora la pubblicità (l’advertising ha totalizzato 21.1 miliardi di dollari nel trimestre, in crescita del 18.8%), lo scenario potrebbe presto cambiare.
Il business “Other Bets” (con la self-driving car Waymo, Google Fiber e il termostato intelligente Nest) rimane in rosso (perde 855 milioni di dollari), ma questo è un altro capitolo: Alphabet scommette su “Other Revenue”, per ora. E intanto accende i suoi server a Cuba, diventando la prima internet company straniera a operare nel Paese (dopo l’apertura di Obama), offrendo ai cubani un servizio qualitativamente migliore rispetto ai cavi sottomarini collegati al Venezuela.
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