Dall’XXI Rapporto sul turismo italiano curato da Iriss-Cnr, emerge che nel 2016 il settore turistico ha segnato il record di 117 milioni di arrivi in Italia. Nel 2016 il turismo italiano si attesta a 93,9 miliardi, di cui 36,4 generati dalla domanda straniera (38,7% del totale) e 57,6 da quella interna (61,3%, per un valore aggiunto complessivo di 103,6 miliardi (quasi il 7% del PIL). Il turismo vale tre volte il settore agro-alimentare e oltre quattro volte il tessile e l’abbigliamento. Con 3,2 milioni, pari al 13,2% dell’occupazione nazionale. Sono i dati presentati alla Borsa internazionale del turismo di Milano (Bit 2018), presso la Sala Amber 3 di FieraMilanoCity-Mico.
Bitcoin: diario di un (selvaggio) rally
L’allarme bolla s’impenna, dopo che Bitcoin irrompe oltre la soglia dei 15 mila dollari: il progresso è impressionante, ma proprio per questo mette i brividi. Nei giorni scorsi anche Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo è andato in Tv per lanciare il suo warning, che va affiancarsi a quelli di Premi Nobel: uno per tutti, l’economista Stiglitz ha chiesto la messa al bando delle cripto-valute. Secondo il premio Nobel per l’economia, i bitcoin andrebbero messi fuori legge. Jamie Dimon ha definito i bitcoin “una frode” , ma l’adviser di Wall Street Tom Lee prevede che i bitcoin salgano a 100.000 dollari, prima che scoppi l’eventuale bolla.
Ricordatevi che per gli acquisti le persone si fidano più di Google che dei consigli dei parenti stretti, come spiega, in ambito, e-commerce la ricerca “Il Consumatore Digitale allo Specchio”, condotta da Netcomm. E “Buy Bitcoin” ha superato “Buy gold” nelle ricerche online, come il Leave mise la freccia sul Remain alla vigilia del referendum sulla Brexit. Siamo in territorio sconosciuto, dove il sonno dei regolatori ha creato un mostro?
#Bitcoin supera i 15 mila dollari. https://t.co/xpAsRqCuVp
BREAKING: Bitcoin hits $15,000 for the first time. Here’s a guide to its remarkable rise https://t.co/XtCJvRsF84 pic.twitter.com/oPJHeCLmrm
— Bloomberg (@business) 7 dicembre 2017
A cosa è da attribuire il rialzo del 40% solo di questo mese (sfiora +1500% da inizio anno)?
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La crisi d’identità è il vero dilemma di Snapchat
Snap, la casa madre di Snapchat, ieri ha bruciato oltre il 20% in Borsa, dopo aver pubblicato una trimestrale deludente, quasi da incubo. I numeri: rosso per 2,2 miliardi di dollari, audience sotto tono (166 milioni gli utenti attivi giornalieri, in crescita del 36% rispetto all’anno prima, ma in aumento di un modesto 5% rispetto ai tre mesi precedenti). Snapchat, reduce dall’IPO dei mesi scorsi, soffre la concorrenza di Instagram Stories. Ma soprattutto sembra un social media in crisi d’identità.
Snapchat non sa cosa vuole diventare, cosa intende fare da grande. Non può competere con Facebook e i suoi 1.3 miliardi di utenti giornalieri, ma neanche riesce a stare al passo di Instagram Stories, forte di 200 milioni di utenti giornalieri (+33%); ma, allo stesso tempo, non sa come uscire dalla nicchia dei suoi 30 minuti di utilizzo quotidiano. Soprattutto, Snap deve riuscire a convincere gli investitori a rimanere: il traguardo è a lungo termine, non devono avere la vista corta. Il fatturato è comunque cresciuto del 286%, seppure sotto le aspettative. La società, guidata dal Ceo Evan Spiegel, afferma che il 60% degli utenti attivi giornalieri giungono da 10 Paesi, responsabili dell’85% di spesa sulla pubblicità mobile. Ma basteranno queste informazioni a non mettere in fuga gli investitori?
Snapchat per ora è focalizzata sul rendere l’app dei messaggi fantasma sempre più utilizzata, ma deve esplorare la potenzialità di espandersi in fasce della popolazione più mature e soprattutto guardare ai Paesi in via di sviluppo (USA ed Europa non bastano più).
Ma il dilemma rimane: l’anno scorso Facebook ha aggiunto 194 milioni di nuovi utenti giornalieri, una cifra superiore all’audience totale dei daily user di Snapchat. Serve uno scatto d’orgoglio, per non perdere il momentum. Oppure lo spettro del declino si profila dietro l’angolo.
Secondo Barron’s, il valore di Snap è da tempo difficile da giustificare. La società, che produce anche gli smartglass Spectacles, era valutata 34 volte le proiezioni di fatturato 2017 (pari a un miliardo di dollari), contro le 10 volte di Facebook. Il crollo di ieri è dunque salutare in termini di prospettiva.
Mirella Castigli
iPhone 8 gioca un brutto scherzo ad Apple
Sembrava che dovesse postare la solita noiosa trimestrale e il titolo aveva già toccato un nuovo record. Invece no: a sorpresa le vendite di iPhone calano e il titolo crolla. Gli utenti si tengono il vecchio iPhone ancora per qualche mese, aspettando iPhone 8, l’attesissimo smartphone del decimo anniversario.
L’azienda, che detiene 250 miliardi di dollari in contanti o investimenti a breve, è costretta a un programma di capital return pari a 50 miliardi di dollari. I ricavi derivanti da servizi (iCloud, App Store, Apple Music) intanto salgono del 18% a 7.04 miliardi di dollari.
Apple ha venduto 50.8 milioni di iPhone, meno rispetto ai 51.2 milioni di un anno fa e sotto le attese. Il fatturato degli smartphone è salito dell’1.2%.
Ferve l’attesa per iPhone 8, il dispositivo del decimo anniversario: potrebbe avere ricarica wireless, riconoscimento facciale 3D, fotocamera con doppia lente, chip a 10 nanometri e display curvo e Oled, racchiuso in un design più simile all’iPhone 4 del 2010. Forrester Research esprime scetticismo sulle previsioni del ciclo di upgrade. Più le vendite di S8 sono forti, più incerte sono le stime su iPhone 8: e Samsung Galaxy S8 ha già superato del 30% le vendite di S7.
Inoltre l’azienda di Cupertino è impegnata nella guerra dei chip, per ridurre la dipendenza dai supplier ed accelerare nel chip design. Apple ha cessato di pagare le royalty ai partner Qualcomm, dopo aver sospeso l’utilizzo dei chip di Imagination e aver messo Dialog in difficoltà.
Samsung Galaxy S8 e i concorrenti hanno alzato l’asticella, mentre il mercato smartphone non cresce più come un tempo ed Apple rallenta in Cina (dove il fatturato è in flessione del 14%, meno precipitosamente di un anno fa).
Il titolo di Apple cala del 2%, dopo un balzo in avanti del 27% quest’anno.
Mirella Castigli
Alphabet (Google) sa diversificare. Meglio di Facebook
Alphabet, la capofila di Google, ha archiviato il primo trimestre, registrando profitti in crescita del 29% a quota 5.43 miliardi di dollari. Neanche il boicottaggio di YouTube da parte degli inserzionisti scalfisce il dominio di Google nel digital advertising.
Secondo Pivotal Research, Google e Facebook detengono il 99% della crescita del digital advertising nel 2016: i grandi player diventando sempre più grandi, mentre manca l’acqua a quelli più piccoli. Google dovrebbe salire dal 60.6% al 61.6% nel mercato advertising globale legato al search nel 2017 (fonte: eMarketer).
Il Ceo del motore di ricerca Sundar Pichai definisce Search, Maps, YouTube e Google Play il “Prime Time del mondo Mobile”. Il fatturato di Google è salito nel trimestre del 22.2% a 24.75 miliardi di dollari: il motore di ricerca si avvia verso i 100 miliardi di ricavi annui. I Paid click sono saliti del 44%.
A trainare i conti di Google è anche il business del cloud. Gli smartphone Pixel e il Play store hanno registrato un forte incremento nel primo trimestre, impennandosi del 49.4% a 3.10 miliardi di dollari.
La voce “Other Revenue” è passata dal 10%al 13% del fatturato di Alphabet: Google sa diversificare. E lo fa meglio di Facebook.
Ma il cloud di Google non ha le dimensioni di Amazon Web Services o di Microsoft Azure: il primo è cresciuto del 43% a 3.66 miliardi di dollari, l’unità di Redmond è salito del 93%. Tuttavia Google sta investendo pesantemente nel settore: Morningstar stima che “other revenue” cresca del 38% a 14 miliardi di dollari nel 2017, anche grazie all’hardware (Amazon Pixel e lo speaker casalingo Home).
Anche se a fare la parte del leone è tuttora la pubblicità (l’advertising ha totalizzato 21.1 miliardi di dollari nel trimestre, in crescita del 18.8%), lo scenario potrebbe presto cambiare.
Il business “Other Bets” (con la self-driving car Waymo, Google Fiber e il termostato intelligente Nest) rimane in rosso (perde 855 milioni di dollari), ma questo è un altro capitolo: Alphabet scommette su “Other Revenue”, per ora. E intanto accende i suoi server a Cuba, diventando la prima internet company straniera a operare nel Paese (dopo l’apertura di Obama), offrendo ai cubani un servizio qualitativamente migliore rispetto ai cavi sottomarini collegati al Venezuela.
Mirella Castigli